Si dice che quando scoppia una guerra la prima vittima è la verità; ogni parte, infatti, ha la sua verità, anche nel nostro Risorgimento è accaduto qualcosa di simile e anche in terra apuana, sebbene teatro minore della seconda guerra di indipendenza.

Ognuno la racconta a modo suo, o tace a modo suo.

Il 12 Maggio 1859 è il giorno del fatto d’arme più chiacchierato della guerra. Da parte italiana è narrato come un tentativo del Casoni di rioccupare Carrara. Una colonna del Ribotti si muoveva per contrastar loro l’avanzata: era composta dalle poche truppe sarde disponibili dal gruppo toscano e da un distaccamento di Cacciatori della Magra (i pochi addestrati e armati in modo passabile). Questo l’epilogo : “Verso le 4 pom. S’ingaggiava l’azione e dopo qualche ora gli estensi abbandonavano ai nostri la posizione di Fosdinovo”. 

Naturalmente da parte estense è raccontata in modo totalmente diverso. Alle 13 un’ avanguardia di un centinaio di uomini si era attestata nella Piana di Jacopino (è la cosiddetta Piana d’ Cupìn presso il bivio per Vallecchia) scontrandosi con una quarantina di estensi verso le 14; dai quali furono costretti ad attestarsi sul Monte Bastione e poi ritirarsi verso Ortonovo. A questo punto sulla strada di Castelpoggio comparve una “lunga colonna di nuovi nemici” guidata da un ufficiale a cavallo “divisi in quattro compagnie aventi alla testa di ognuna la bandiera a tre colori” aggiungendo che “fra essi ve n’erano alcuni uniformati, ma la maggior parte vestiti alla borghese”.

Gli estensi spararono e gli altri, riparatisi alla meglio, risposero al fuoco ma la gittata dei fucili estensi era maggiore e “delle loro palle non ne arrivava a noi che pochissime…mentre le nostre non era così”, si vedevano i feriti caricati su una vettura mentre veniva ucciso un portabandiera e furono costretti al ritiro. Nessun ferito dichiarato tra gli estensi. I rinforzi da Ceserano e da Fivizzano arrivarono quando la battaglia si era già risolta (intorno alle 17). Il comandante del presidio di Fosdinovo, tenente Bianchi, ricevette una decorazione per questa azione e la truppa un premio di tre giorni di paga.

Chi dice la verità? Intanto diciamo che gli estensi non cedettero la posizione di Fosdinovo quel giorno ma dieci giorni dopo e altri scontri di pattuglie avvennero tra Fosdinovo e la Spolverina, il 17 e il 19 Maggio. Il telegramma dello stesso Ribotti che avvisava del ritiro estense e della sua partenza per Fosdinovo è solo del 22 Maggio. Quindi la storiografia risorgimentale italiana ha mentito sulla battaglia per Fosdinovo che invece è stata la piccola Gaeta degli estensi.

E’ noto dal tempo delle Termopili che un piccolo reparto piazzato in un punto strategico può tenere a bada un esercito. Presidiando Monte Bastione si controllava un chilometro di strada tutta scoperta e quasi diritta. Quindi li i modenesi si piazzarono e fermarono la colonna che giungeva da Carrara, allo scoperto e in fila perpendicolare rispetto allo schieramento estense che poteva concentrare il tiro.
E’ vero che le pallottole modenesi arrivavano alle truppe sardo-toscane-carraresi, ma non viceversa perché, nell’ultimo quinquennio, l’esercito ducale era stato equipaggiato con moderni fucili a canna rigata, il che raddoppiava il tiro utile. Qui, come sarà poi a Mentana, vinse l’arma nuova.

Giuseppe Casoni

Resta da decifrare se furono gli uomini del Casoni a tentare un colpo di mano o quelli del Ribotti. Ma, anche stando alla stessa cronaca del Casoni e dei suoi ufficiali, sembra strano che un generale di una certa esperienza come il Ribotti, che terrà per tutta la campagna un comportamento di grande prudenza, abbia dato dimostrazione di imperizia, marciando alla conquista di Fosdinovo senza una strategia d’attacco, lasciando un’avanguardia in balia dei nemici per tre ore e avesse tentato l’azzardo sapendo che il Casoni disponeva di truppe più numerose. L’azione assomiglia a tutto fuorché a un assalto.
Se l’iniziativa dell’attacco fosse stata degli estensi, sarebbe stata comunque una vittoria di Pirro essendo venuto a mancare l’elemento sorpresa (si spiegherebbe così l’immediato ritiro a Fivizzano sulla primitiva posizione di difesa).

Potremmo dire che la verità probabilmente sta nel mezzo: un movimento di truppe per normale avvicendamento da Fivizzano a Ceserano potrebbe aver scatenato un allarme generalizzato. Era già successo alcuni giorni prima; a Carrara furono suonate le campane a distesa, la gente si riversava nelle strade e lo stesso presidente del municipio Bernardo Monzoni uscì in veste da camera dal suo palazzo sulla via Carriona ad incitare il popolo alla difesa di Carrara. Era un falso allarme e quella volta rientrò, a differenza di quello del 12 Maggio e andò bene se non vi furono dei morti.

La portata dell’evento fu senz’altro esagerata da parte estense: non risultano morti negli scontri di Maggio dagli archivi comunali e parrocchiali di Carrara e delle frazioni interessate, al contrario di quanto affermato dal Casoni. Anche Ribotti, però, fece la parte sua. Nel 1860 non si voleva riconoscere ai Cacciatori della Magra il merito di “campagna”, allora il generale scrisse una lettera appassionata al ministro della guerra per il riconoscimento ai suoi uomini. Tra l’altro affermava, a proposito dello scontro del 12 Maggio: “le truppe ducali lasciarono ai nostri vantaggiosissime posizioni e la città di Fosdinovo” anche se è il suo stesso telegramma a smentirlo. Una piccola bugia per una onorificenza.

Non dimentichiamo, alla fine dei conti, che scontri come quelli del 30 Aprile del 12 Maggio e successivi, in gergo militare si chiamano scaramucce. L’unico ucciso da arma da fuoco dopo l’inizio della guerra, invece, fu un poveruomo di Castepoggio, certo Luigi Ciuffardi, il 6 Maggio, alle porte di Gragnana. Nell’archivio di questa parrocchia si legge : “circa le ore undici pomeridiane essendo stato ucciso dalla sentinella militare per non aver risposto alla parola d’ordine”. Visto il luogo, la data e l’ora, non poteva essere altro che “fuoco amico” e non, come è stato scritto, dalla “sentinella militare estense” (estense è un’aggiunta arbitraria).

Anche la resa dei conti a Carrara non fu particolarmente cruenta, solo un certo Rossi, capitano della milizia, fu portato in giro per la città con una corda al collo. Vi furono in verità anche alcune incarcerazioni facili per “antipatia” alle quali, però, il governo provvisorio pose subito freno emettendo un proclama, per non rischiare di assomigliare “all’ancien régime”.

LA GUERRA SI EVOLVE

Sul fronte dell’Appennino Toscano il 21 Maggio, si registravano movimenti tra Porretta e l’Abetone. Inoltre era in navigazione da quattro giorni il V corpo d’armata francese che sbarcherà a Livorno in meno di una settimana. A questo punto era chiaro a Francesco V che non poteva restare oltre Appennino e diede l’ordine di ritiro.

Intanto il reclutamento procedeva spedito sia a Carrara che a Massa: il 22 Maggio, il numero assommava a 419 soldati e graduati di truppa e 16 ufficiali (tot. 430). Quel giorno iniziò il ritiro estense dalla Lunigiana: concentrate le truppe a Fivizzano, nel pomeriggio l’armata estense prese la via del Cerreto. Le guardie nazionali liguri occuparono Aulla e Fosdinovo, il giorno successivo il generale Ribotti marciò su Fivizzano ed il 24 fu ad Aulla da cui minacciare Pontremoli ancora in mano ai Parmensi.
Il duca ormai pensava solo a fare fronte unico con gli austriaci per difendere la pianura facendo di Brescello la piazzaforte dell’ultima difesa.

Il Duca di Modena Francesco V

Per la difesa di Modena, minacciata dalla Toscana, fu inaugurata la ferrovia Reggio – Modena. Paradossalmente preparata per usi civili ebbe invece il suo primo uso impiego, il 24 maggio 1859, per portare i rinforzi che da Brescello erano confluiti a Reggio per andare a presidiare Modena. Intanto nell’ Oltreappennino Ribotti, il 26 maggio, si portava a Castelnuovo Garfagnana e il 28 occupava Pontremoli, abbandonata dai parmensi. La situazione generale della guerra volgeva alla fase finale. Il 9 giugno la Duchessa Maria Luisa di Borbone fuggiva da Parma alla volta di Mantova; il 10 l’esercito austriaco si ritirava dietro al Mincio e, vista la situazione, anche il duca di Modena abbandonò la capitale l’11 per arrivare a Mantova il giorno dopo. Il distaccamento di Reggio ripiegava su Brescello a seguito di una sommossa della città. Ma anche la fortezza sul Po era destinata a non reggere la parte che Francesco V le aveva affidato. Il 12 Giugno infatti anche Brescello veniva evacuata. Due giorni dopo fu la volta di Guastalla e tutta la destra de Po salvo una piccola testa di ponte a Borgoforte. Le ex città borboniche ed estensi venivano occupate man mano dalle striminzite forze del Ribotti che passò lo stesso giorno 12 l’appennino per raggiungere Parma e poi Reggio il 14, il giorno dopo sarà la volta di Modena. Il ducato Borbonico ed quello Estense praticamente non esistevano più.

I CACCIATORI DELLA MAGRA IN MOVIMENTO

Per tutta la prima metà di Giugno, il corpo dei Cacciatori della Magra non era stato ritenuto in grado di dare un apporto fattivo alla guerra. Era rimasto a Massa e a Carrara dove continuava ad ingrossarsi: il 26 maggio superava la soglia psicologica dei 500 effettivi, anche se continuava ad essere l’ Armata Brancaleone nostrana. Il comandante Roux, che lo aveva appena preso in consegna, relazionava il 28 maggio lamentando l’addestramento e l’armamento ancora scarso ma, soprattutto, deprecava l’aspetto da straccioni che molti di loro avevano, non essendo ancora pervenuto il vestiario necessario. .

A tappe forzate nell’addestramento, e con l’aiuto delle donne carraresi nella confezione del vestiario (cucirono 211 giacchette di panno turchino con la pistagna arancione), il 15 giugno il 1° reggimento era pronto e, il 17, i Cacciatori della Magra lasciarono Massa e Carrara per Pontremoli in numero di 811. Il 23 Giugno arrivarono a Parma, qui finalmente poterono completare il loro equipaggiamento. Qui iniziava, inoltre, il reclutamento del 2° reggimento dei Cacciatori della Magra, formato da volontari emiliani e dalle ex truppe parmensi.

Intanto la guerra giungeva alle fasi finali: il 24 Giugno, dopo la sconfitta di Solferino e San Martino, il grosso degli austriaci era passato dietro la linea dell’Adige. Le truppe toscane scese da Pavullo prendevano posizione a Sassuolo il 27 e poi nelle altre città emiliane. Il V Corpo d’Armata Francese, risaliva il litorale toscano ed il 20 transitava da Massa a Sarzana per valicare la Cisa e raggiungere Parma tra il 26 e il 27 Giugno. Nelle province emiliane si era quindi concentrata ora una forza notevole ma, quando la spallata finale sembrava vicina, ecco giungere inaspettato l’armistizio di Villafranca.
Napoleone III era preoccupato da poderose manovre prussiane sul confine nord occidentale della Francia ed aveva fretta di disimpegnarsi dal pantano italiano.

A questo punto ci fu un momento di incertezza. Si temeva che dalla piazzaforte di Mantova i duchi spodestati potessero tentare una controffensiva, in quanto i preliminari di pace prevedevano il reintegro di Francesco V nei suoi territori. Per questo i Cacciatori della Magra vennero spostati prima a Reggio ed a Modena per poi prendere posizione sul fronte del Po intorno tra il 17 e il 27 Luglio.
Intanto si stavano formando altri due reggimenti emiliani ed il Dittatore delle Provincie Modenesi, Luigi Farini, pensò bene di formare due Brigate così, con proclama del 31 Luglio 1859, i reggimenti dei Cacciatori della Magra, prenderanno il nome di “Brigata Modena” e gli altri due appena formati “Brigata Reggio”.

Dopo alcuni mesi di servizio come guardia di frontiera, a Novembre, la Brigata Modena fu trasferita a Rimini e impiegata nel teatro strategico sul fronte dello Stato Pontificio, assecondando quello sconvolgimento politico plebiscitario che portò in breve tutte le province emiliane, romagnole e marchigiane, nell’area del futuro regno d’Italia. Alla fine di Dicembre, variava anche la denominazione reggimentale: 41° e 42° reggimento fanteria cessata in tempi recenti (il secondo sul fronte greco-albanese nel 1943 il primo nel 1995 con la fine della leva obbligatoria).

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PRIMA PARTE: 1859: la prima liberazione di Carrara. Le provocazioni di confine

SECONDA PARTE1859: la prima liberazione di Carrara. Inizia ufficialmente la seconda Guerra di Indipendenza

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